Nel 2023, tre ricercatori, Kelly A. Nault, Ovul Sezer e Nadav Klein, hanno fatto una scoperta interessante su come scriviamo e cosa quelle parole dicono di noi. Hanno esplorato questo tema in un studio pubblicato sulla rivista “Organizational Behavior and Human Decision Processes”, che si chiama “It’s the Journey, Not Just the Destination: Conveying Interpersonal Warmth in Written Introductions”. Questo titolo un po’ lungo nasconde un’idea semplice ma potente: quando ci presentiamo agli altri con le parole, il come lo facciamo è tanto importante quanto ciò che diciamo.
In un mondo dove chat, email e social network sono diventati i principali mezzi di comunicazione, saper scrivere di sé in modo che gli altri ci “sentano” vicini è diventato fondamentale. Immaginate di ricevere due email di presentazione: una è breve e va dritta al punto, parlando solo di successi e competenze; l’altra inizia con un saluto cordiale e condivide non solo successi, ma anche esperienze personali e sfide superate. Quale vi farebbe sentire più calore dall’altra parte dello schermo?
Il lavoro di Nault, Sezer e Klein ci dice che la seconda email, quella che racconta un viaggio personale e non solo l’arrivo a destinazione, è quella che riesce meglio a costruire un ponte emotivo tra mittente e destinatario. Questo non significa che dobbiamo trasformare ogni email in un romanzo personale, ma che inserire qualche dettaglio su di sé, un po’ di cordialità e magari un tocco di umorismo può fare una grande differenza.
Pensateci come se foste a un appuntamento: non vi limitate a elencare i vostri successi sperando di fare colpo, ma cercate di costruire una connessione, di trovare punti in comune, di far sorridere l’altra persona. Questo studio ci ricorda che anche nelle presentazioni scritte, dal contesto professionale a quello più informale, possiamo e dobbiamo cercare di trasmettere calore umano.
In pratica, questo significa scegliere parole che mostrino apertura e interesse verso l’altro, condividere non solo ciò che facciamo, ma anche chi siamo. A volte, un semplice “Sono sempre stato appassionato di…” o “Una delle esperienze che mi ha più formato è stata…” può avvicinare più di qualsiasi titolo o riconoscimento.
La ricerca di Nault, Sezer e Klein ci invita a riflettere su come le nostre parole possono costruire ponti o muri tra noi e gli altri. Scegliendo con cura come ci presentiamo, possiamo fare la differenza, trasformando semplici scambi di parole in opportunità di connessione umana. Ricordiamoci: dietro ogni schermo, c’è una persona, proprio come noi.