La fine delle ideologie, dopo l’Ottantanove, ha provocato inizialmente un entusiasmo per la democrazia liberale, poi ha contribuito a disorientare l’elettorato che vaga oggi senza valori nel panorama politico sempre più ricco di comunicazione ma sempre più povero di contenuti.
Da una parte possiamo dire che l’abbandono delle ideologie dominanti dell’immediato dopoguerra hanno fatto progredire il nostro paese, dall’altra dobbiamo però ammettere che ha atrofizzato il pensiero politico degli elettori.
Di conseguenza le forze politiche hanno smesso di impegnarsi sui grandi temi, i “politicamente abili” oggi monopolizzano la scena inventandosi ad hoc improbabili diatribe che tengono vivo il dibattito al solo fine di spostare i sondaggi.
Per non parlare poi del tempo che i partiti devono dedicare alla strategia, necessaria per sopravvivere a leggi elettorali sempre piĂą complesse.
Insomma, viviamo in una campagna elettorale costante.
L’obiettivo non sono più le riforme e i programmi, l’obiettivo è confermare la candidatura e venire rieletti.
Oggi la scossa deve venire dall’elettorato, che ora più che mai ha bisogno di una ridefinizione di valori, senza ipoteche fasciste o marxiste, valori che devono costringere la classe dirigente ad occuparsi del futuro del nostro paese. Non bisogna aver paura di individuare in un programma politico non soltanto l’etichetta di “destra” o “sinistra” ma la risposta a nuove domande.
Nella scorsa settimana dopo l’appello della comunità scientifica alle forze politiche perché i temi ambientali entrino con nettezza nei programmi elettorali, in pochi giorni migliaia di persone hanno sottoscritto una petizione lanciata da Green&Blue con la “lettera aperta degli scienziati del clima alla politica”. Questo è uno spiraglio di luce nel buio pesto del completo disimpegno delle persone in materia di valori, il riconoscimento di una priorità essenziale che cerca risposta nella rappresentanza della politica democratica.
Lettera aperta degli scienziati del clima alla politica italiana
“La scienza del clima ci mostra da tempo che l’Italia, inserita nel contesto di un hot-spot climatico come il Mediterraneo, risente più di altre zone del mondo dei recenti cambiamenti climatici di origine antropica e dei loro effetti, non solo sul territorio e gli ecosistemi, ma anche sull’uomo e sulla società , relativamente al suo benessere, alla sua sicurezza, alla sua salute e alle sue attività produttive.
Il riscaldamento eccessivo, le fortissime perturbazioni al ciclo dell’acqua e altri fenomeni meteo-climatici vanno ad impattare su territori fragili e creano danni a vari livelli, influenzando fortemente e negativamente anche le attività economiche e la vita sociale. Stime assodate mostrano come nel futuro l’avanzare del cambiamento climatico ridurrà in modo sensibile lo sviluppo economico e causerà danni rilevanti a città , imprese, produzioni agricole, infrastrutture.
Per un grado di riscaldamento globale in piĂą rispetto al presente, ad esempio, si avranno mediamente su scala globale un aumento del 100% della frequenza di ondate di calore e tra il 30 e il 40% di aumento della frequenza di inondazioni e siccitĂ , con una conseguente diminuzione del benessere e del prodotto interno lordo. Nel Mediterraneo e in Italia, poi, la situazione potrebbe essere anche piĂą critica, in quanto, ad esempio, si hanno giĂ chiare evidenze di aumenti di ondate di calore e siccitĂ , di ritiro dei ghiacciai alpini, di aumento delle ondate di calore marine e, in parte, di aumento degli eventi estremi di precipitazione.
In questo contesto, ci appare urgente porre questo problema in cima all’agenda politica. E oggi, l’avvicinamento alle prossime elezioni diventa l’occasione per farlo concretamente. Chiediamo dunque con forza ai partiti politici di considerare la lotta alla crisi climatica come la base necessaria per ottenere uno sviluppo equo e sostenibile negli anni a venire; questo dato di realtà risulta oggi imprescindibile, se vogliono davvero proporre una loro visione futura della società con delle possibilità di successo.
In particolare, nella situazione attuale appare urgente porre in essere azioni di adattamento che rendano noi e i nostri territori piĂą resilienti a ondate di calore, siccitĂ , eventi estremi di precipitazione, innalzamento del livello del mare e fenomeni bruschi di varia natura; azioni che non seguano una logica emergenziale ma di pianificazione e programmazione strutturale.
A causa dell’inerzia del clima, i fenomeni che vediamo oggi saranno inevitabili anche in futuro, e dunque dobbiamo gestirli con la messa in sicurezza dei territori e delle attività produttive, investendo con decisione e celerità le risorse peraltro disponibili del PNRR. Allo stesso tempo, dobbiamo anche fare in modo che la situazione non si aggravi ulteriormente e diventi di fatto ingestibile, come avverrebbe negli scenari climatici peggiori. Per questo dobbiamo spingere fortemente sulla riduzione delle nostre emissioni di gas serra, decarbonizzando e rendendo circolare la nostra economia, accelerando il percorso verso una vera transizione energetica ed ecologica.
Come scienziati del clima siamo pronti a fornire il nostro contributo per elaborare soluzioni e azioni concrete che siano scientificamente fondate, praticabili ed efficaci, ma chiediamo con forza alla politica di considerare la crisi climatica come un problema prioritario da affrontare, perché mina alla base tutto il nostro futuro.
Ci auguriamo dunque elaborazioni di programmi politici approfonditi su questi temi e una pronta azione del prossimo governo per la lotta alla crisi climatica e ai suoi impatti.”
Oggi i partiti come giĂ detto sono a caccia di consenso, e non si preoccupano del cambiamento climatico perchĂ© l’Italia è un paese dove la maggioranza degli aventi diritto ha superato la mezza etĂ e vive la problematica con cinismo e distacco, deridendo l’attivismo dei giovani sul tema.
Speriamo che il susseguirsi di eventi meteorologici anomali e catastrofici, stia mettendo anche i più scettici davanti alla dura verità . Adagiarsi sulla certezza che il peggio non ci riguarda direttamente è da stupidi e incoscienti, ma giustificato in parte dal fatto che nell’immaginario collettivo concepiamo la fine del mondo come un evento catastrofico secco della durata di pochi secondi e non come un processo lento, doloroso e graduale.
La politica in ogni caso non può e non deve difendere un ragionamento così cinico e di basso rango, deve intervenire con energia ed impegno, considerando in maniera seria questa petizione come tutti gli attivismi in materia, perché la politica che per anni ci ha parlato di futuro, oggi quel futuro ce lo deve.