La Brexit ha causato una carenza di circa 330.000 lavoratori nel Regno Unito, secondo un rapporto congiunto del Centre for European Reform (CER) e UK in a Changing Europe. Il rapporto si basa sui dati dell’Office for National Statistics che mostrano una diminuzione complessiva dell’immigrazione netta di 540.000 a giugno 2022. La fine della libertà di circolazione sta creando un grosso disagio all’economia di questo paese per la mancanza di immigrazione da paesi comunitari, soprattutto nell’economia a bassa qualificazione.
Il nuovo sistema di immigrazione post-Brexit, entrato in vigore nel gennaio 2021, ha reso più difficile per le persone senza qualifiche trasferirsi nel Regno Unito per lavorare. Secondo la ricerca, nel giugno 2022 era in essere un deficit di 460.000 lavoratori provenienti da UE. L’arrivo di 130.000 lavoratori non appartenenti all’Unione Europea ha alleviato gli effetti negativi ma non ha compensato la carenza, causando gravi problemi in diversi settori chiave.
I settori più colpiti sono stati quelli dei trasporti e del magazzinaggio, con una riduzione del 8% dell’occupazione totale, ovvero 128.000 lavoratori dell’UE. Anche il commercio all’ingrosso e al dettaglio ha subito un calo del 3%, pari a 103.000 lavoratori dell’UE, mentre nel settore dell’ospitalità e dell’alimentazione la riduzione è stata del 4%, 67.000 lavoratori dell’UE in meno. Inoltre, la produzione e l’edilizia sono diminuite del 2% ciascuna, e c’è stato un calo di 32.000 lavoratori dell’UE nelle aree amministrative e di supporto.
Nei settori più qualificati invece, come l’assistenza sanitaria, l’istruzione e le TIC, un aumento dei lavoratori non appartenenti all’UE ha più che compensato le perdite di quelli provenienti dall’UE. Nonostante ciò è giusto riconoscere che il vero motore economico nelle economie sviluppate sono proprio i lavoratori non specializzati, quindi possiamo considerare la mancanza di immigrazione UE nel Regno Unito a seguito della Brexit un amplificatore della condizione inflazionistica di questo paese.