Il 22 giugno 2015, Xavier Justo, un banchiere svizzero già in pensione a soli 48 anni, ha camminato verso la porta d’ingresso del suo nuovissimo hotel boutique a Koh Samui, un’isola tropicale. Aveva trascorso gli ultimi tre anni a costruire il lussuoso complesso in pietra bianca con vista sul mare.
Tutto ciò di cui aveva bisogno era una semplice licenza. Justo era arrivato in Thailandia quattro anni prima, dopo essere fuggito dal triste mondo della finanza a Londra. Nel 2011, lui e la sua fidanzata Laura hanno girato il paese in moto e, due anni dopo, si sono sposati su una spiaggia isolata.
Alla fine la coppia si stabilì a Koh Samui, un centro turistico, a solo un’ora di volo a sud di Bangkok. Dopo aver provato un paio di iniziative imprenditoriali, Justo alla fine decise che sarebbe entrato nel settore alberghiero. Comprò un terreno con una casa imponente e iniziò a costruire: aggiungendo una palestra, ville e un campo da tennis.
Quel pomeriggio di giugno, si aspettava una visita delle autorità turistiche per firmare i documenti. Invece, una squadra di poliziotti thailandesi armati fino ai denti ha fatto irruzione. Gli ufficiali atterrarono e legarono Justo così stretto da sanguinare sul pavimento. La polizia perquisì tutta la casa, sequestrò i computer e svuotò le cassette di sicurezza.
Dopo due giorni in una prigione locale sgangherata, Justo è stato portato a Bangkok e ha sfilato davanti ai media, in una conferenza stampa adatta a un boss della mafia. Indossava ancora pantaloncini e infradito, era affiancato da quattro militari che reggevano mitragliatrici, mentre un quartetto di alti ufficiali della polizia della Royal Thai ha informato i giornalisti riuniti delle accuse contro di lui.
Justo venne accusato del tentativo di ricattare il suo ex datore di lavoro, una compagnia di servizi petroliferi con sede a Londra poco conosciuta di nome PetroSaudi. Ma dietro questa accusa apparentemente banale c’era una storia molto più grande. Sei mesi prima, Justo aveva consegnato a un giornalista britannico di nome Clare Rewcastle Brown migliaia di documenti, tra cui 227.000 e-mail, dai server del suo ex datore di lavoro, PetroSaudi, che sembravano far luce sul presunto furto di centinaia di milioni di dollari da un fondo di investimento malese di proprietà statale noto come 1MDB.